Diciamocelo: si nascondono sotto la definizione paravento, nemmeno troppo rassicurante, di "genere apocalittico". Ma in realtà sono film che menano un po’ sfiga. Consapevolmente, ovvio: il disastro tira, il pericolo imminente da sempre (anche molto prima del blockbuster Armageddon) fa buoni incassi. Però quest’anno per i superstiziosi tira proprio una brutta aria: la lista dei film dal futuro nerissimo è da Mille non più Mille. Il 13 novembre ad esempio esce l’attesissimo 2012, un film in cui Hollywood viene distrutta (e fin qui…), Manhattan è sommersa dalle acque e nemmeno San Pietro ( a cui aveva già gufato alla grande Angeli e demoni) se la passa troppo bene. Tutta colpa dei Maya: brava gente per carità. Ma il loro calendario si interrompe il 21 dicembre 2012: cosa che ha fatto pensare alcuni che dopo quella data non ci sia più nulla. Il film ha effettoni da panico: non a caso è costato 200 milioni di dollari. Poco meno dell’intera squadra degli Yankees. In The book of Eli, invece, con Denzel Washington, l’apocalisse (come in Io sono leggenda e altre decine di film) è già arrivata: a gennaio nelle sale (in America), il film racconta di un tizio (il grande Denzel) costretto a usare le maniere forti per proteggere da alcuni spietati sopravvissuti un misterioso libro in grado di riportare la speranza… Scenari post apocalittici, sempre per continuare sullo stesso solco, anche in The road, dal bellissimo romanzo di Cormac McCarthy: un padre e un figlio in viaggio nella terrificante desolazione di un mondo, popolato da disperati e da cannibali, che ha perso coscienza di sè. Grande libro, ottimo film: ma non è che si stia molto più sereni, anzi. Se poi Segnali dal futuro ha già portato nelle sale una ventata di pessimismo cosmico, di catastrofe in catastrofe, anche Avatar, super cult prossimo venturo del titanico James Cameron, promette di condurci in una Terra ormai morente. Continuiamo così, facciamoci del male…
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